Seleziona una pagina

E’ Aprire un’attività retail, in questo caso un retail food, non è “completare un Lego” da tenere esposto in una teca di cristallo. Un ristorante, è un’attività commerciale viva che prende “vita”, appunto, dal suo primo giorno di apertura al pubblico.

Troppo spesso però l’imprenditore (in questo caso specifico il franchisee) si concentra maggiormente, quasi esclusivamente, sulla gestione del cantiere (sulle attività tangibili) divenendo cosi un “direttore dei lavori”, figura che non gli viene richiesta dal franchisor. Oltre al tempo dedicato, alcune volte anche gli sforzi economici sono esclusivamente orientati alle attività materiali.

Vengono spesso tralasciate altre attività (risorse) che dovrebbero rendere vivo il ristorante: la comunicazione, la formazione pre-apertura, il timing di realizzazione.

C’è un proverbio che cita “il tempo è denaro”; in questo caso il rispetto del timing di realizzazione fa in modo che il ristorante possa aprire e generare i ricavi pianificati ed attesi. Spesso è l’imprenditore stesso che si assume la responsabilità e la gestione del coordinamento di imprese, ordini ed attività di cantiere, senza avere le giuste competenze ed essendo dotati di eccessivo ottimismo (caratteristica fondamentale di ogni imprenditore) non tengono in giusta considerazione le tempistiche oggettive necessarie, falsando cosi le scadenze e facendo slittare continuamente la data di apertura. Queste attività dovrebbero essere  in capo alle società di general contractor che, per lo natura e competenza, sono in grado di pianificare e garantire il timing necessario.

Altro punto “non tangibile”, spesso trascurato o trattato solo marginalmente, è la Formazione pre-apertura.  Come trattato argutamente nei segreti 38,39 del Libro Let’s Franchise di Davide D’Andrea Ricchi,  Il franchisor, generalmente, detta le tempistiche necessarie per acquisire le competenze di base, necessarie per affrontare il lavoro (divise per ruoli); tempistiche dettate dall’esperienza diretta. Il franchisee però, alcune volte, tende ad essere diffidente verso questa metodologia riducendo a volte il numero di persone dedicate alla formazione, altre volte le tempistiche , in alcuni casi entrambi.

Il franchisor , avrebbe a disposizione le clausole contrattuali che lo autorizzerebbero, nell’interesse di tutti, a ritardare l’apertura fino al completamento delle fasi formative, clausole che spesso non vengono fatte valere, a vantaggio “morale” di una nuova apertura.

In questo modo, si compromette l’apertura: il servizio, la soddisfazione dei clienti che fanno generare cosi recensioni negative che possono (se non corrette tempestivamente) far capitolare l’intera attività; oltre che a generare stress a tutti gli attori coinvolti (franchisor, franchisee, staff).

Ultimo punto, (in ordine di descrizione) ma molto importante, è la comunicazione locale (Local Store Marketing). Il franchisor si occupa della comunicazione di brand, ma è a livello locale che serve dare un impulso maggiore, perché è a livello locale che l’attività opererà attingendo al bacino residenziale della zona individuata. E’ un’attività importante e delicata e spesso né franchisor né franchisee hanno la giusta competenza e si approcciano a questa attività senza strategia e budget necessario; in alcuni casi queste attività sono nulle generando vendite bassissime tra lo “stupore” degli addetti ai lavori. Sull’argomento, il “Capito Sette del Libro i Let’s Franchise” può essere di approfondimento.

Si rende necessario perciò, un cambio di approccio, che deve essere più strutturato e che deve basarsi su: fiducia, ruoli, competenze, tempistiche reali e condivise; cosi come previsto dal sistema di franchising, per la giusta formula “win-win”.

A cura di Dante D’Alfonso e Maurizio Mattucci

Share This