Da Calzedonia a Two Way, passando per Dan John: Alessandro Franchi ha lavorato e lavora come reponsabile sviluppo franchising per grossi brand italiani e stranieri. L’abbiamo invitato sul nostro blog per farci raccontare come funziona oggi il suo lavoro e quali sono le strategie che attua per incrementare le reti vendita di un franchisor.
Lo studio, prima fase di ogni strategia
Alessandro ci racconta le prime fasi del suo lavoro per un brand: “Sono io a occuparmi del primo contatto con il partner che vuole investire nel progetto di franchising. All’inizio mi occupo di studiare la solidità del cliente e anche dello studio territoriale, della location proposta. Dietro a un progetto di franchising, c’è tanto studio e preparazione”.
Un manager franchising può gestire sia contatti freddi, quelli per intenderci che si ottengono dalle campagne di marketing, oppure lavorare sulla propria rete di imprenditori, con contatti “caldi”, come nel caso di Alessandro:
“Nel tempo ho costruito una rete con dentro imprenditori navigati. Difficilmente mi appoggio a persone che non hanno avuto esperienze precedenti. Chi si approccia al franchising deve sapere bene cosa fa e quali sono le sfide che affronterà”.
Come attirare grandi imprenditori nella tua rete
Per attirare nella propria rete franchisee, o meglio ancora master franchising (leggi il libro per scoprire i segreti del master franchising, se ne parla nel capitolo 10) l’unico approccio possibile, secondo Alessandro, è quello di far parlare i numeri:
“Quello che ho imparato nella mia esperienza, nella costruzione di un portafoglio clienti, è che devono essere sempre il mercato e i numeri a parlare per te. Se hai numeri che ti supportano, se hai già dei punti vendita aperti in posizioni strategiche, se sai comunicare bene sui social, puoi attirare gli appetiti di chi può davvero portare valore al tuo brand”.
Con il suo aiuto proviamo a tracciare un profilo dell’investitore seriale in progetti di franchising:
“Chi investe serialmente in progetti di franchising non ha una provenienza geografica precisa, ho clienti dal profondo Sud fino al Nord. L’età media in genere è dai 35 anni in su. Per il 70% sono uomini, per il 30 donne. Investono nel retail per diversificare e hanno una solidità economica alle spalle. Hanno già esperienze imprenditoriali e sono familiari con concetti come conto economico e affini”.
Come scegliere il franchisee o master franchising giusto
Ci sono alcuni requisiti fondamentali, senza i quali non è saggio affidare il proprio brand nelle mani di altri. Uno di questi è la conoscenza del territorio:
“Prendiamo l’esempio di Two Way: difficilmente potrei optare su un imprenditore di Pordenone per la gestione di un punto vendita a Roma. Le conoscenze territoriali sono un primo parametro fondamentale. Poi c’è un altro fattore: chi apre il punto vendita deve anche essere disposto a seguirlo. Se non ha tempo o si affida solo ad altri, senza avere un team strutturato alle spalle, non dovresti affidargli la gestione di un brand in espansione”.
E per la location?
La scelta della location è l’aspetto più delicato di un progetto di franchising, non a caso nel libro Let’s Franchise, i segreti relativi alla location sono presentati già nei primi capitoli:
“In genere capita che ci contatti il franchisee con una location che ritiene interessante. Lì poi inizia il lavoro di un responsabile di sviluppo franchising come me. Innanzitutto, mi accerto che la location sia in una strada che incontri il target del brand. Se è così, mi faccio mandare la planimetria del negozio e delle foto, sia interne che esterne, per poi fare delle ricerche online su Google. Se c’è poi il match, il potenziale affiliato viene a trovarci in uno dei punti vendita della catena, per discutere degli ultimi dettagli tecnici, legali, o legati alle Royalty e a eventuali fideiussioni, qualora fossero necessarie. Dopo questo passaggio, se il franchisee è deciso per il sì, effettuo un sopralluogo finale nella location scelta”, spiega Alessandro.
Le metriche del punto vendita e le skill di un buon professionista
Un responsabile di sviluppo franchising si occupa poi di valutare l’andamento del punto vendita, mettendo i numeri in relazione con le aspettative di fatturato:
“Valutiamo i numeri mensilmente. Non faccio delle previsioni di incasso, ma la leva che valuto è il break even. Confronto i numeri del punto vendita rispetto ad altri che sono situati in location simili per numeri di abitanti: è chiaro che un negozio a Corso Buenos Aires a Milano ha aspettative diverse rispetto a un negozio situato in un paesino di 30mila abitanti, oppure a un altro situato in un centro commerciale. Per ognuna di queste tipologie di punto vendita, si hanno già delle proiezioni. Va da sé che negli ultimi anni ogni stima è stata rivista sulla base della Pandemia che ha rivoluzionato i parametri, con negozi in piccoli comuni che hanno sofferto meno dei punti vendita delle grandi città”.
Alla fine dell’articolo, chiediamo ad Alessandro di raccontarci quali sono le competenze di un responsabile di sviluppo franchising che sappia fare la differenza.
Nella sua esperienza, sono quattro:
- Diplomazia: “Solo così puoi trovare una sintesi tra i franchisor che vogliono tutelare il loro brand, spesso con contratti blindatissimi, e i franchisee che hanno bisogno di tante informazioni e trasparenza”;
- Conoscenza dei territori: “Viaggiare è fondamentale, conoscere le piazze, i territori e le loro caratteristiche”.
- Saper dire tanti no: “Specie quando inauguri un progetto di franchising, devi valutare con la massima attenzione le prime affiliazioni. I primi negozi devono fatturare e far bene più degli altri”.
- Competenze tecniche: “Oltre alle soft skill bisogna avere familiarità con i numeri e anche con gli aspetti contrattuali”.
Vuoi approfondire le tecniche per far crescere la tua rete di franchising? Leggi i segreti contenuti nel capitolo 9 e 10.